Wednesday, March 25, 2009

Comunicazione d'impresa: quando il mezzo diventa il fine

Su Monkey Business vengo incuriosito da questo titolo: "L’attualità di Pasquale Barbella e l’alto tradimento del consumatore."
Pasquale Barbella ha fatto la storia della pubblicità italiana, portando i livelli qualitativi della comunicazione pubblicitaria a vette che si sono fatte notare anche fuori dai nostri confini.

Pasquale Barbella scrive una lettera a Giampaolo Fabris nella quale espone il suo punto di vista sul marketing e sulla comunicazione commerciale. Un punto di vista fortemente critico, amaro e disincantato.

Tra i passaggi che mi hanno colpito:
La marca è di per sé incolpevole, ma solo in apparenza: faccio fatica a considerarla un’astrazione, dal momento che è l’emanazione di un soggetto economico - l’impresa - che mi ha profondamente deluso. Non riesco più a scomporre i vari ingredienti che la compongono: non riesco a isolare il brand dalla policy aziendale che gli sta dietro, dalle altalene finanziarie non sempre trasparenti che gli ruotano intorno, dalle modalità di produzione, dalla sorte delle persone e delle famiglie che dipendono dal suo destino.

.. e ancora:
In tanti settori le aziende hanno interrotto qualsiasi tipo di rapporto diretto con il “consumatore” delegandolo ai cosiddetti call center: dopo l’outsourcing della produzione abbiamo avuto l’outsourcing dei servizi e infine l’outsourcing delle garanzie e delle responsabilità. Questo io lo chiamo alto tradimento nei confronti del “consumatore”, e chiuderei un occhio solo se servisse a generare o a mantenere un accettabile livello di occupazione e benessere; ma ho imparato che così non è.

Questo è, secondo me, l'aspetto più evidente di tale tradimento:
L’edicola, che una volta era per me il tempio dell’illuminazione, è ora una discarica di carta straccia e di gadget annessi.

Dai commenti un consiglio:
.. invece di mettere la pubblicità nella tua visione del mondo, metti una visione del mondo nella tua pubblicità ..

.. ed una precisazione:
[..] il mio acido solforico riguarda la pubblicità ma solo di striscio. Il fatto è che non riesco più a disgiungerla dai comportamenti delle imprese committenti. [..] se fossi ancora in campo mi procurerebbe molta ansia dover lavorare per gestori telefonici che non rispondono ai reclami dei loro utenti, per la Rai che continua a richiedere il canone a mia madre morta da tre anni, per le compagnie aeree che mi lasciano a terra e mi trattano come il clandestino di Spielberg (Tom Hanks in “The Terminal”) o - nel migliore dei casi - come un terrorista, per le banche e le assicurazioni che mi vendono investimenti fasulli, per tutte le società comprate, vendute, smembrate senza alcuna preoccupazione nei confronti del personale, per tutte quelle che delegano le proprie responsabilità ai call center e chi s’è visto s’è visto, per tutte quelle che hanno abusato delle nuove leggi sul lavoro per istituzionalizzare il precariato come condizione esistenziale permanente, per le griffe che appaltano il lavoro a intermediari che lo subappaltano a mafie e camorre, per quelle che piagnucolano e implorano aiuti dallo stato e nel frattempo continuano a produrre una comunicazione farsescamente simile a quella di mezzo secolo fa.

1 comment:

  1. ciao e grazie della citazione!
    max/monkey business
    ps-
    vedo che sei da Nomadz, sono anch'io nella community Nomadz su ning ti segnalo anche quella di Cowo:
    http://nomadwork.ning.com

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